Barbara Todini, classe 1972, romana, proviene da una famiglia in cui l’arte ha sempre avuto un ruolo speciale, tra poesie e pittura amatoriale. Fin da piccola, il suo mondo si è colorato di forme e materiali, una passione che ha saputo integrare con gli studi tecnici, aggiungendo rigore e innovazione al suo linguaggio creativo. La svolta arriva quando incontra lo Steampunk, un movimento artistico e culturale nato in Inghilterra tra gli anni Ottanta e Novanta. Affascinata da questa estetica rétro-futurista, Barbara ha deciso di farne la sua missione: diffondere in Italia un immaginario fatto di ingranaggi, rame e visioni alternative del tempo.
Artàporter ha voluto intervistarla per conoscere più da vicino il suo percorso e il suo approccio all’arte. Ecco cosa ci ha raccontato.
Cosa rappresenta l’arte per te?
L’arte, per me, è una forma di espressione profonda, autentica e senza filtri. Rappresenta la mia voce, una connessione intima con il mondo e con le emozioni che mi attraversano.
Ogni opera è come un viaggio interiore, un modo per rendere materia le sensazioni, e poter guardare e mostrare ciò che prima era una visione immaginaria.
L’arte mi permette di evadere dalla realtà che ci circonda, di mettere in discussione le convenzioni e di sognare ciò che potrebbe essere.
È come un linguaggio universale che trascende qualsiasi barriera, anche temporale, creando dialoghi interiori e ponti tra le persone.
L’arte è sicuramente un atto di libertà, un’opportunità per condividere esperienze e costruire legami, anche di sogni comuni.
È un invito a fermarsi, a guardare più a fondo e a godere di un momento di quiete, a volte anche quasi contemplativa, immergendosi in un’immagine che diventa un rifugio in cui scoprire sé stessi ma anche gli altri, attraverso forme, colori, visioni ed evocazioni.
Come e quando ti sei avvicinata all’arte?
Ho sempre avuto una forte trasporto verso il colore, le forme e la creatività, sin da bambina. Crescendo, ho iniziato a esplorare diverse forme artistiche, come il disegno, soprattutto geometrico, la pittura su supporti come vetro, ceramica, legno e tele.
È stato affascinante scoprire come l’arte potesse esprimere emozioni e raccontare storie, ma anche costituire un momento personale in cui lasciar scorrere le proprie emozioni verso l’esterno e vederle fluire nella scie di colore e sensazioni traghettate dal pennello.
Il momento decisivo è probabilmente stato quando ho iniziato a scuola gli studi di Educazione Artistica, che mi hanno permesso sia di sperimentare che di conoscere le arti di tanti popoli e di tante epoche.
Successivamente, con un percorso di studi tecnici, ho affinato propensione e passione per le forme geometriche e meccaniche.
L’arte è quindi sempre stata parte integrante della mia vita.
Non ho più smesso di esplorare e di lasciarmi ispirare da tutto ciò che mi circonda.
Quali riferimenti artistici e culturali ti hanno maggiormente influenzato nel corso del tempo?
I macchinari e le invenzioni, in particolare quelli a vapore, come anche ogni loro singolo elemento costitutivo, sono per me fonte d’ispirazione per rappresentare l’idea di un progresso tecnologico retrofuturistico, che porta in sé quel concetto distopico da cui sono profondamente affascinata.
Inoltre, la narrativa steampunk, che spesso include temi di avventura, esplorazione e un’interpretazione alternativa della storia, mi catapulta in un mondo immaginario di cui ogni mia opera diventa uno scorcio.
La differenza con il passato è che allora i canoni erano assai più stringenti ed evidenti, soggetti ai filtri “accademici”.
Chi decide cosa è arte oggi?
Sicuramente critici e curatori, che selezionando opere per mostre e scrivendo recensioni, influenzano in modo centrale la definizione delle tendenze di un particolare breve momento artistico; ed indubbiamente il pubblico, che ha un ruolo sempre più attivo nel decidere quale possa essere il tipo di arte che rifletta meglio la simbologia ad esempio dei temi di attualità come l’identità, l’ambiente, il “sentire” sociale, ma anche il semplice piacere visivo di moda in quel preciso breve momento storico.
Il tuo rapporto con i colori? E col bianco e nero?
Amo le tinte decise, i colori primari, principalmente scuri, non amo le classiche sfumature ma adoro dare rilievi di profondità con colori a gradazione o in netto contrasto, prediligendo metallizzati come bronzo, rame, oro e argento.
Sicuramente le preferenze per un colore piuttosto che per un altro sono strettamente legate al regno delle emozioni e quindi scelgo in base al mio stato d’animo del preciso momento in cui l’idea prende forma nel mio immaginario.
Il rapporto con il bianco non mi coinvolge, lo considero soltanto una base su cui riversare gli altri colori, non lo uso neanche per schiarire.
Con il nero invece ho un rapporto strettissimo, assolutamente di predominanza rispetto a tutti gli altri colori, infatti molte mie opere sono di base nere, con contrasti metallizzati. Questi contrasti li uso esclusivamente per dare comunque ampio risalto agli oggetti neri nel caso delle opere Steampunk.
Nelle opere della serie “Albero della Vita”, che realizzo sempre con effetto cattedrale, il nero definisce i contorni di tutti gli altri colori e poi trionfa al centro con la raffigurazione dell’albero stesso.
Un tuo sogno nel cassetto?