Classe 1977, nata a Bologna, Caterina Graziosi ha studiato Illustrazione e Design a Milano. Oggi vive e lavora a Varese nel settore del Graphic Design e della Comunicazione, combinando la sua professione con la passione per l’illustrazione e l’arte. Caterina si definisce un’illustratrice e un’artista che vive immersa nel suo mondo interiore di immaginazione e ricerca creativa, concedendosi solo brevi incursioni nel mondo esterno “per vedere come se la passa”.
Artàporter ha voluto intervistarla per conoscere più da vicino il suo percorso e il suo approccio all’arte. Ecco cosa ci ha raccontato.
Cosa rappresenta l’arte per te?
L’arte è uno dei modi con cui è possibile fruire della realtà. Io penso che l’artista sia colui che vede contemporaneamente entrambe le facce della luna. Mi spiego: nella mia esperienza fare arte significa avere accesso all’invisibile, intuire qualcosa di inconoscibile e farlo emergere su un piano in cui tutti possano sperimentarlo, anche se solo parzialmente. L’arte per immagini, a differenza di quella attraverso la parola o la musica, ha a che fare -per me- con l’inconscio, con la nostra natura più nascosta e irrazionale. Non solo: l’artista sublima questa intuizione rivestendola di bellezza, e così facendo rende l’opera d’arte uno strumento che cura la nostra anima. In questo senso si può dire che l’arte salva il mondo.
Come e quando ti sei avvicinata all’arte?
Sono nata con la matita in mano, ho sempre disegnato, e dopo studi classici in cui ho scoperto l’arte sotto l’aspetto culturale e antropologico più profondo, ho studiato allo IED e iniziato a lavorare nel campo della grafica, illustrazione e design. Ho iniziato a dipingere “soltanto” durante la Pandemia.
Io spero che le mie opere possano colpire inizialmente attraverso la meraviglia, che siano una sorta di finestra sulla bellezza. Ma che in seconda battuta interpellino l’osservatore attraverso una domanda nascosta che non è univoca, ma del tutto personale, perchè attinge all’unicità della storia di ciascuno. Non credo che l’arte debba dare risposte, ma che piuttosto stimoli a mettersi in cammino attraverso una domanda -anche la più semplice- che sia inedita, sorprendente e personale.
Come artista posso quindi dire che limitare l’opera a mero veicolo di un messaggio sia sempre riduttivo- se non prevaricante- non solo per l’opera stessa, ma anche per l’osservatore.
Qual è il ruolo dell’imperfezione nella tua arte?
Amo parlare del valore dell’imperfezione oggi, un’età in cui siamo minacciati dalla potenziale disumana perfezione dell’intelligenza artificiale, che rappresenta una sorta di opportunità/minaccia anche nel campo della creatività. Direi che l’imperfezione diventa e diventerà garanzia e baluardo della nostra umanità, e come tale vada difesa.