Artàporter
  • Scompiglio

    2.371,00 

    Antonio Palmisani

    Tecnica: Mista Anno: ND
  • Rich Spirit

    1.044,00 
    Antonietta Positano Tecnica: Acrilico, Markers, Soft Pastels, Pastelli ad Olio e Fineliners su Tela Grana Extra Fin Anno: 2022 Dimensione senza cornice: 5o x 70 cm Descrizione: Chiedermi quale sia il vero connubio tra l’uomo e lo spazio è stato il dilemma che ha dato vita a quest’opera ed è la domanda per eccellenza che accompagna le riflessioni che mi pone da sempre il mio amore viscerale per l’Architettura e lo spazio urbano. SPAZIO, dal latino spatium, derivante a sua volta da patere, “essere aperto”. Al contrario della sua natura materica, lo spazio esiste e si concretizza innanzitutto nella mente dell’essere umano. Se mi trovo in una stanza, la mia idea di quest’ultima cambia in base a ciò che elaboro in primis da un punto di vista psicologico. Lo spazio quindi nasce perché l’uomo, dotato per automatismi cerebrali di percezione per l’abitato, lo crea in modo relativistico e innanzitutto all’interno del suo cervello. Dalle sue impressioni trasposte, poi, nella realtà, ne derivano idee vere e proprie di ciò che lo sta circondando. Lo spazio cessa di esistere quando l’uomo lo abbandona poiché la sua essenza risiede nella capacità di viverlo, toccarlo con mano. È antropocentrico. Questo pensiero apre le porte all’esplosione della mia opera che vuole a tutti i costi interrogarsi su quale sia la relazione che intercorre tra la solitudine dell’essere umano e l’Architettura, senza la pretesa, però, di giungere ad una conclusione definitiva. “Diesest ist Lange her”, recitava una strofa di una poesia di George Trakl che ho conosciuto grazie ad uno dei miei mentori che è Aldo Rossi. ‘’Ora questo è perduto” in italiano. Perduto perché le mie Architetture nascono sulla tela intenzionalmente alienate. Frammentate da una composizione en miettes, a pezzi, scombinate e disperse caoticamente. A tratti oniriche, per certi aspetti unite come delle città satelliti ma pur sempre sole. Sono introverse, hanno voglia di dissolversi e insieme ad esse scompare anche l’uomo, che vaga imperterrito consapevole della sua microscopica esistenza tra tanti altri. L’uomo, però, non riesce a fare a meno di tessere ambienti. Il termine "tessitura", quando si parla di Architettura, più che riferirsi al materiale con il quale un qualsiasi spazio possa essere realizzato e quindi alla stoffa di un edificio, mira al cucire vero e proprio ai fini dell'abitare. "Abitare" non implica necessariamente la presenza di uno spazio materico abitativo: l'essere umano abita sempre in quanto presenza in un luogo, organizza lo spazio in base a ciò che lo circonda. Non è l'abitare a dominare l'abitante, bensì il contrario. L’uomo abita da solo tra tanti altri. È un mortale tra i mortali. Quest’opera vuole essere uno specchio moderno nonché contestualizzare mediante una metafora visiva la nostra condizione moderna, della solitudine che abbiamo forgiato dentro e fuori noi stessi in un momento post-pandemico dove abbiamo rimosso chi siamo veramente. I miei uomini allora possono solo abitare, invadono lo spazio come degli spettri, del tutto amorfi in quanto non più identitari, lobotomizzati e ciechi rispetto a ciò che li circonda.  
  • IV

    718,00 
    Antonietta Positano Tecnica: Acquerello, Softpastels, Markers e Fineliners su Foglio Arches 300gr/mq Anno: ND Dimensione senza cornice: 5o x 70 cm Descrizione: Quest’opera appartiene ad una serie chiamata ‘(IM)PERFEZIONE’. Omaggio alle cupole delle Basiliche Ortodosse e frutto di un viaggio onirico dove sognavo spazi astrali ed elementi architettonici scomposti che fluttuavano nell’etere.
  • III

    783,00 
    Antonietta Positano Tecnica: Acquerello, Softpastels, Markers e Fineliners su Foglio Arches 300gr/mq Anno: ND Dimensione senza cornice: 56 x 76 cm Descrizione: III è un’opera a cui sono fortemente legata e che appartiene ad una serie che ho chiamato ‘(IM)PERFEZIONE’. Sono particolarmente legata a questo lavoro perché mi ha permesso di varcare la soglia di una mia nuova dimensione artistica dove costruisco forme, le traslo, ruoto, le faccio scivolare e le illustro grazie agli anni di dedizione e di vocazione per e all’Architettura. Mi muovo nel foglio senza avere paura del vuoto, né mi preoccupo di colmarlo. La perfezione mi ha ossessionata in tutto questo tempo, senza aver mai pensato anche un solo istante che la chiave potesse risiedere nell’equilibrio e nella composizione che sto perseguendo con insistenza solo adesso. Ho scoperto il libero arbitrio nell’Arte. Non m’importa più della bellezza di un mia illustrazione, voglio correre tra l’imperfezione di ogni dettaglio e rendermi protagonista quando traccio segni. Non voglio occultare il mio talento né soffocare nei tecnicismi. Io sono il risultato di un’anima che non ha da raccontare solo questo, sono un insieme di rette tutte diverse che s’intersecano tra loro. Io non voglio essere bella, io voglio solo funzionare.
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