Antonietta Positano
Tecnica: Acrilico,
Markers, Soft Pastels, Pastelli ad Olio e Fineliners su Tela Grana Extra Fin
Anno: 2022
Dimensione senza cornice: 5o x 70 cm
Descrizione: Chiedermi quale sia il vero connubio tra l’uomo e lo spazio è stato il dilemma che ha dato vita a quest’opera ed è la domanda per eccellenza che accompagna le riflessioni che mi pone da sempre il mio amore viscerale per l’Architettura e lo spazio urbano.
SPAZIO, dal latino
spatium, derivante a sua volta da patere, “
essere aperto”. Al contrario della sua natura materica, lo spazio esiste e si concretizza innanzitutto nella mente dell’essere umano. Se mi trovo in una stanza, la mia idea di quest’ultima cambia in base a ciò che elaboro in primis da un punto di vista psicologico. Lo spazio quindi nasce perché l’uomo, dotato per automatismi cerebrali di percezione per l’abitato, lo crea in modo relativistico e innanzitutto all’interno del suo cervello. Dalle sue impressioni trasposte, poi, nella realtà, ne derivano idee vere e proprie di ciò che lo sta circondando. Lo spazio cessa di esistere quando l’uomo lo abbandona poiché la sua essenza risiede nella capacità di viverlo, toccarlo con mano. È
antropocentrico. Questo pensiero apre le porte all’esplosione della mia opera che vuole a tutti i costi interrogarsi su quale sia la relazione che intercorre tra la solitudine dell’essere umano e l’Architettura, senza la pretesa, però, di giungere ad una conclusione definitiva. “
Diesest ist Lange her”, recitava una strofa di una poesia di George Trakl che ho conosciuto grazie ad uno dei miei mentori che è Aldo Rossi. ‘’
Ora questo è perduto” in italiano. Perduto perché le mie Architetture nascono sulla tela intenzionalmente alienate. Frammentate da una composizione
en miettes, a pezzi, scombinate e disperse caoticamente. A tratti oniriche, per certi aspetti unite come delle città satelliti ma pur sempre sole. Sono introverse, hanno voglia di dissolversi e insieme ad esse scompare anche l’uomo, che vaga imperterrito consapevole della sua microscopica esistenza tra tanti altri. L’uomo, però, non riesce a fare a meno di tessere ambienti.
Il termine "
tessitura", quando si parla di Architettura, più che riferirsi al materiale con il quale un qualsiasi spazio possa essere realizzato e quindi alla stoffa di un edificio, mira al cucire vero e proprio ai fini dell'abitare. "
Abitare" non implica necessariamente la presenza di uno spazio materico abitativo:
l'essere umano abita sempre in quanto presenza in un luogo, organizza lo spazio in base a ciò che lo circonda.
Non è l'abitare a dominare l'abitante, bensì il contrario.
L’uomo abita da solo tra tanti altri.
È un mortale tra i mortali.
Quest’opera vuole essere uno specchio moderno nonché contestualizzare mediante una metafora visiva la nostra condizione moderna, della solitudine che abbiamo forgiato dentro e fuori noi stessi in un momento post-pandemico dove abbiamo rimosso chi siamo veramente.
I miei uomini allora possono solo abitare, invadono lo spazio come degli
spettri, del tutto amorfi in quanto non più identitari, lobotomizzati e ciechi rispetto a ciò che li circonda.