In un mondo surreale è dove penso di vivere ed è così che tento di esprimermi. Penso sia surreale il paese in cui viviamo, incredibilmente tragicomico, che a me piace rappresentare con un dito medio incoronato, simbolo del capovolgimento dei valori fondamentali di una democrazia, o con un’Italia trasmutata in banana, in tutta la sua volgarità e indecenza.
Guardando oltre le nostre frontiere, il ragionamento si estende alle politiche scellerate che portano questo pianeta a divorarsi, così come ho tentato di raffigurare con una mela-mondo morsicata e abbandonata su Marte o con missili il cui fumo è il simbolo del dollaro.
Tutto ciò riguarda forse la mia parte più contestatrice, che ha trovato sfogo in queste simbologie su tela. Un passaggio che per me è stato necessario, dopo tante manifestazioni in piazza e tante proteste spesso cadute nel vuoto.
Ad un certo punto, però, dopo una vita tutta proiettata all’esterno ed alla contestazione, arriva il momento di guardarsi un po’ dentro e affrontare quelli che sono i propri “fantasmi”. La pittura è quindi divenuta quasi una sorta di terapia psicoanalitica, un confronto a tratti sofferto tra me e me. Era molto più semplice denunciare le politiche berlusconiane che non ammettere le proprie debolezze e paure, oltretutto raffigurandole con simboli che tutti possono vedere e commentare. Da qui nascono i miei alberi, da cui crescono labirinti di foglie o punti interrogativi. Nel mio mondo surreale vi sono castelli che crescono all’impazzata o perfidi grilli parlanti che bisbigliano all’orecchio. Svelare parti così profonde di me è spesso imbarazzante, ma anche terapeutico.

Col senno del poi, ogni mio dipinto può essere visto come una sorta di pagina di un diario personale, a cui è però stato forzato il lucchetto ed è stato reso pubblico. Proprio per questo la considerazione che veramente gradisco riguardo ad una mi opera è quando mi viene detto: “Si vede che l’hai fatto tu!”. A quel punto capisco di avere raggiunto il mio obbiettivo.

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