Cristiana Giacchetti è un’artista milanese.
Instancabile esploratrice dell’invisibile animo umano, dopo aver navigato per oltre 30 anni tra la comunicazione strategica prima e la “personal evolution” poi, approda all’arte per liberarsi dalla consuetudine della parola, da sempre suo strumento d’espressione primigenio, e riconnettersi alla poiesis della psiche umana, ovvero l’immagine.
Un dialogo d’amore incessante, iniziato attivamente nel 2021 e mai più interrotto.

Artàporter ha voluto conoscere meglio l’artista ponendole alcune domande.

Cosa rappresenta l’arte per te?

È il primigenio nutrimento dell’Anima, l’unica via per farci dialogare con la nostra essenza che è luce e bellezza. Dunque l’arte è il mezzo più puro per manifestare la nostra identità nel mondo.
In con seguenza, potrei dire che per me l’arte è la perfetta rappresentazione di chi sono

Come e quando ti sei avvicinata all’arte? 

Sono giunta all’arte anagraficamente tardi, nel 2021. Ma psichicamente era il momento perfetto.
Infatti era una tensione insita in me già da tempo che per manifestarsi attendeva solo che io mi arrendessi. Quindi in qualche modo la sconfitta è stata necessaria, perché mi ha permesso di accettare il mio lato oscuro e dunque di iniziare con esso un dialogo creativo molto intenso. Ad un certo punto mi sono resa conto che tutti i malesseri emotivi che vivevo erano il manifestarsi del mio mondo interiore che richiedeva attenzione e che quei disagi non potevano essere controllati ma piuttosto volevano essere accolti.
L’arte è stato un modo per dialogare con essi e dare loro una forma.
È stata una sorta di terapia della forma. È stato liberatorio e mi ha fatto comprendere quanta bellezza c’è in quello che erroneamente giudichiamo chiamandolo disagio. L’artista ne sa qualcosa. Ogni opera d’arte è la sublimazione delle sue tribolazioni interiori.

Qual è la tua maggiore fonte di ispirazione?

Nel mio mondo interiore che è la mia vera essenza. Il resto è solo apparenza e superficie.

I riferimenti artistici e culturali che ti hanno maggiormente influenzato nel corso del tempo?

Tecnicamente nessuno, nel senso che avendo intrapreso la strada artistica più per trascendere il senso del mio IO, quando ho iniziato non guardavo a nessun modello preciso a cui rifarmi e onestamente non lo faccio neanche ora.
Per esempio, quando ho vinto il primo premio a una mostra di Napoli, la giuria ha associato il mio stile artistico al grandissimo artista Burri che, con un po’ di vergogna, lo ammetto, neanche conoscevo. Adesso ovviamente conosco tutto di lui e mi sento onorata di essere stata associata ad un maestro della sua portata. Il punto è che non mi viene proprio da guardare fuori, non perché non sia curiosa, tutt’altro, o perché creda che non ci siano artisti che vadano contemplati per la loro eccellenza, ma perché preferisco non farmi influenzare e concentrarmi sul tirar fuori il mio stile artistico.
Viviamo in un’epoca di iper-stimolazione, anche nell’arte, ed è facilissimo smarrire il proprio senso artistico finendo poi per diventare qualcos’altro. Quel seme, che è fragilissimo, va tutelato.
Ho avuto invece dei riferimenti a cui ispirarmi nel loro modo di essere.
Il mio bisnonno Aristodemo Giacchetti, pittore dei primi del ‘900 che ha affrescato moltissime Chiese del centro Italia, da cui inconsciam ente ho ereditato la devozione per l’arte.
E poi mio suocero, Gualtiero Mocenni, l’artista vivente più importante dell’Istria, da cui ho appreso per osmosi, in oltre 20 anni, la capacità di sperimentare e il coraggio di superare i propri limiti.
Infine, sicuramente per me, sono stati profetici nel mio cammino artistico gli studi sull’Ombra di Jung e sull’Alchimia, a cui tra l’altro mi ispiro in moltissime opere.

Chi decide oggi che cos’è arte? C’è una differenza rispetto al passato?

Purtroppo il mercato e questo non è un bene. L’arte dovrebbe essere tutelata dalle logiche dell’utile perché nella storia ha sempre avuto una diversa utilità dal mero business. Per esempio nell’antichità, l’arte era la disciplina che atteneva al bello e per questo l’unica in grado di nutrire l’Anima del singolo, ma anche l’Anima del Mondo. Un’anima “sfamata” nella sua essenza non ha bisogno di rivendicare o di essere invidiosa e se tutte le anime del mondo fossero nutrite significherebbe far esistere un’anima dell’Universo in armonia.
Questo non vuol dire che l’artista non dovrebbe essere pagato per quello che fa, tutt’altro perché in realtà il valore del suo gesto ha implicazioni, e dunque un’utilità, superior e in termini di esperienza. L’opera nutre spiritualmente ogni essere umano. Oggi invece l’arte, nella maggior parte dei casi, è frutto solo dell’ego in cui si predilige un’opera per la firma del personaggio artistico piuttosto che un’opera che risveglia i tuoi sensi interiori. Però come dice
Simone Weil, questa non è arte, perché la bellezza non ha nome. L’artista alla fine è solo uno strumento dell’opera che vive già in noi e ci fa il dono di manifestarsi attraverso l’artista e di rivelarsi allo sguardo di chi la osserva.

Il tuo rapporto con i colori? E col bianco e nero?

Non ho una predilezione cromatica. Tutto dipende da cosa vuole raccontare la mia psiche.
Ho realizzato opere che sono un inno alla levità e altre che sono molto gotiche, dove magari ricorre l’uso del nero e bianco o di toni più scuri.
Forse un colore ricorrente è l’azzurro, perché è la cromia dell’immaginazione.

Un tuo sogno nel cassetto?

In passato ho sognato tante cose, ma mi sono resa conto che erano solo fantasticheri e frutto di un condizionamento sociale. Cose che si sognano più perché si devono sognare.
E infatti non c’entravano niente con me e meno male non l’ho realizzate altrimenti sarei stata infelice più che nel continuare a bramarle. Fare l’artista non l’ho mai sognato, l’ho realizzato e mi rende pure felice, oltre che farlo molto seriamente.
Quindi consiglierei un po’ a tutti di rivedere la propria relazione con i sogni. A volte ci sono in noi desideri non detti così ben nascosti in qualche cassetto della psiche che richiede tempo prima di portarli alla luce. Di solito l’evidenza non è l’essenza di chi siamo.

Come hai conosciuto Artàporter?

Su Instagram, per caso, anche se il caso non esiste.
E sono molto felice di questo incontro perché per esempio Artàporter sostiene un messaggio molto intelligente, portare il bello fuori dai centri istituzionalmente deputati all’arte, come i musei e le gallerie.
Ma chi lo dice? Il mercato per l’appunto e i guri che censurano il nuovo solo per mantenere un controllo.
Invece il messaggio di Artàporter alimenta proprio quel nutrimento di cui parlavo prima, si fa in modo che anche una persona, normalmente non interessata all’arte, possa confrontarsi, ad esempio in un locale, con la magia dell’arte e magari comprare un’opera di un artista emergente non perché
è famoso ma perché l’opera risuona nel suo profondo.

Le opere di Cristiana Giacchetti sono attualmente esposte presso il locale milanese “Le Biciclette”, in occasione di Diffusissima x Milano Design Week.

Le sue oepre sono acquistabili online sul sito di Artàporter: scoprile tutte qui!